La morte viene solitamente considerata come l’elemento che accomuna tutti: uomini e donne, ricchi e poveri, i potenti della Terra ed i più fragili, le celebrità e le persone comuni. Tutti prima o poi dovranno morire. Ma la morte non è la sola cosa che ci accomuna tutti. Siamo infatti tutti soggetti ai problemi, alle malattie, alle catastrofi. Siamo tutti esposti all’influenza delle mille sfaccettature in cui si manifesta la sofferenza. Questo fa sorgere chiaramente delle domande a cui ciascuno tenta di rispondere, compreso i cristiani. La risposta che immediatamente possiamo fornire a noi stessi ed a chi ci interpella su tale argomento è che il dolore è presente nel mondo a causa della presenza del peccato. Tuttavia, nonostante tale risposta sia teologicamente corretta, non è sufficiente per spiegare il motivo per cui una persona specifica debba essere esposta ad una particolare manifestazione della sofferenza rispetto ad altre. In altre parole, non risponde alla domanda: perché proprio io? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?

Ho letto tempo fa, in una rivista cristiana, l’intervista ad un predicatore costretto a vivere su una sedia a rotelle. Davanti a domande simili a quelle appena esposte ha risposto più o meno con queste parole: “è capitato a me come poteva capitare ad altri, come una bomba che esplode in una stazione ferroviaria e colpisce chiunque si trovi nel suo raggio d’azione, così a me è toccato il contrarre una malattia da bambino che ha di fatto paralizzato le mie gambe”. Pur rispettando il suo dolore ed il suo pensiero, ritengo che tale ragionamento sia pericoloso, in quanto incentrato sulla fatalità. Come se in modo cieco e privo di alcuna motivazione le cose capitino semplicemente a chi è più “sfortunato”. Ritengo inoltre che tale risposta non possa appagare né tanto meno consolare chi stia affrontando il dolore causato da un aborto spontaneo, dalle conseguenze di un incidente automobilistico, dall’aver contratto una malattia terminale o dal ritrovarsi intubati a causa un virus fuori controllo come il Covid-19.

Per affrontare seriamente il problema della sofferenza dovremmo avere il coraggio di formulare delle domande molto più dirette, più profonde ed apparentemente dissacranti: Dov’è Dio mentre il male si presenta nel mondo? Si interessa alle difficoltà che ogni singolo individuo si trova ad affrontare? Ha davvero il controllo su ogni cosa che accade nell’universo visibile e invisibile?

Lamentazioni 3:37-38 Chi mai dice una cosa che si avveri, se il Signore non l'ha comandato? 38 Il male e il bene non procedono forse dalla bocca dell'Altissimo?

Il titolo ebraico del libro delle Lamentazioni è letteralmente: “Come mai?”. Il contesto in cui Geremia si trovava, nel momento in cui scrisse queste parole, era legato all’invasione dei babilonesi nel regno di Giuda. Nonostante sia associato al giudizio divino nei confronti del proprio popolo, a causa della sua idolatria, resta comunque un libro scritto per insegnare ai credenti di ogni epoca a gestire la sofferenza. In questi 2 versetti l’autore afferma che Dio ha l’autorità, mediante ciò che dichiara con le proprie parole, espressione stessa della propria volontà, di comandare che bene e male si avverino ossia accadano nella vita delle persone.
Istintivamente ci riesce difficile accettare questa verità. Fin tanto che si parla di comandare che il bene capiti alle persone lo comprendiamo, ma come possiamo credere che Dio non soltanto permetta il male, ma addirittura lo pianifichi? Inoltre, tale concetto è associabile unicamente ai giudizi divini oppure ad ogni aspetto legato al male?

È un bel dilemma, eppure, in qualità di cristiano, ritengo fermamente che Dio sia sovrano e compassionevole nel medesimo tempo. Cercare di enfatizzare un carattere a scapito dell’altro lo renderà uno spettatore impotente davanti agli eventi. Il mio insegnante di religione, mentre frequentavo le scuole medie, era un parroco. Ricorderò sempre una sua lezione in cui cercava di spiegare la reazione di Dio davanti al male nel mondo. Lo descriveva come onnisciente ma impotente, come chi ha visto un film innumerevoli volte ed è perfettamente a conoscenza di quanto accadrà ai vari personaggi ma, ciò nonostante, non ha alcun potere di impedirlo. Può urlare ed avvisarli ma quanto dovrà accadere loro non potrà mai mutare.

Ma questa descrizione non si addice al Dio della Bibbia. Dio non è solo onnisciente ma anche sovrano, se dunque è sovrano ha il controllo assoluto su tutto, anche sulla sofferenza.
Certamente tale verità lo renderà meno attraente agli occhi della maggior parte delle persone, tuttavia non sta a noi giocare al ruolo di avvocati dell’Altissimo per cercare di giustificare le sue azioni. Piuttosto, dobbiamo glorificarlo riconoscendo che sa perfettamente ciò che sta facendo e permettendo nelle nostre vite. Solo tale convinzione sarà in grado di incoraggiarci e donarci pace mentre affrontiamo le difficoltà della vita.
Per poter realizzare questa convinzione, oltre alla fiducia, occorre avere dei punti di riferimento oggettivi e non soggettivi su cui poggiarci. In altre parole, occorre osservare e conoscere cosa Dio stesso dichiari all’interno della Sua parola. Ho intitolato questa serie di 4 sermoni “Uomini che soffrono nelle mani di un Dio sovrano” ed oggi ci porremo 2 domande davanti al dolore: la sovranità di Dio è veramente assoluta? Posso realmente fidarmi di Lui?

La sovranità di Dio è veramente assoluta?

Matteo 10:29-31 Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro. 30 Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31 Non temete dunque; voi valete più di molti passeri.

Il significato di quanto Gesù afferma non è semplicemente dichiarare che Dio sappia quando morirà un passerotto. Piuttosto, che Dio nella sua sovranità regola i tempi e le circostanze affinché anche gli eventi più insignificanti accadano come Lui ha prestabilito. Perfino la caduta di un capello dal capo di ogni persona non sfugge alla Sua pianificazione degli eventi. In definitiva, Gesù voleva affermare che la “provvidenza divina” regola anche gli aspetti più insignificanti della vita umana, anche quelli ritenuti erroneamente legati al caso. Agostino d’Ippona disse: “nulla quindi accade a meno che l’Onnipotente non voglia. O Egli permette che la cosa accada, oppure la fa accadere Egli stesso.”

1 Cronache 29:12 Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu signoreggi su tutto; in tua mano sono la forza e la potenza, e sta in tuo potere il far grande e il rendere forte ogni cosa.
Daniele 4:35 Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»
1 Giovanni 4:8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.

Che sia sovrano è un dato di fatto per la Bibbia, una verità espressa in moltissime sue parti. Entrambi questi grandi re, Davide prima e poi Nabucodonosor, riconobbero che il regno era nelle loro mani in virtù della volontà divina e non unicamente per le loro abilità. Ciò che per noi è complesso è far collimare l’idea di un Dio sovrano e nel contempo buono ed amorevole, perché se è buono allora è impotente davanti al dolore, se può agire e non lo fa allora è crudele. Non può avere entrambi i caratteri insieme. Le due cose, ai nostri occhi, non possono coesistere. Ma la Bibbia afferma il contrario. Dio viene descritto come colui che governa il creato, includendo non soltanto la materia ma anche l’aspetto spirituale delle proprie creature, siano esse umane od angeliche. Ciò significa che nonostante siano in grado di fare delle libere scelte morali, esse rientreranno comunque sotto il controllo sovrano divino. Se così non fosse, non sarebbe sovrano su tutto. La sovranità divina è fondamentale per poter suscitare in noi una fede stabile. Se vi fosse anche solo un piccolo dettaglio in tutto l’universo in grado di sfuggire al Suo controllo, allora non sarebbe più degno della nostra fede assoluta. Ciò comporta anche che quando un peccatore od un angelo ribelle agiscono contro la sua volontà, Lui lo sta sovranamente permettendo. I progetti malvagi si realizzano unicamente quando rientrano nelle finalità divine, non possono entrare in contrasto con Dio.

Giobbe 1:12/a; 2:6 Il SIGNORE disse a Satana: «Ebbene, tutto quello che possiede è in tuo potere; soltanto, non stender la mano sulla sua persona». 2:6 Il SIGNORE disse a Satana: «Ebbene, egli è in tuo potere; soltanto rispetta la sua vita».
Luca 22:31-32/a Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno

Dio permise a Satana di mettere alla prova la fede di Giobbe togliendoli beni, affetti e la salute. Ciò nonostante, impose sovranamente dei limiti che il principe delle tenebre non avrebbe potuto assolutamente scavalcare. Allo stesso tempo chiese il permesso a Dio di mettere alla prova severamente Pietro e gli altri apostoli, ma l’intercessione di Gesù assicurò la loro vittoria finale sulle tentazioni. Questi 2 passi mostrano in modo inequivocabile che Satana stesso, per poter agire nei confronti degli uomini, credenti compresi, ha sempre la necessità di ottenere il benestare divino. Egli non può attaccarci senza il permesso divino e neppure superare i limiti da Dio stabiliti.

Che la sovranità divina si attui tramite le scelte di ogni singola persona è una verità pratica. Se prego il Signore di proteggermi prima di un viaggio in auto di oltre 1000 km, non posso credere che lo faccia realmente se non lo ritengo in grado non solo di impedire che la pioggia, il gelo, la neve od il crollo di un ponte mi colpiscano, ma di controllare anche le azioni, le reazioni, gli istinti e le scelte delle migliaia di persone che faranno la strada con me sorpassando od affiancandosi al mio veicolo dopo ore di viaggio e possibili colpi di sonno. Nessuno può immaginare le migliaia di volte che è stato inconsapevolmente protetto dalla cura sovrana di Dio, evitando che delle tragedie stravolgessero la propria vita. Ciò non comporta ovviamente annullare la personalità e la responsabilità di ogni singola persona coinvolta in tale viaggio. Piuttosto, evidenzia come a Dio non sfugga nulla, neppure il dettaglio più insignificante al fine di raggiungere queste 2 finalità: la sua gloria ed il conseguimento dei suoi progetti (incluso il bene del suo popolo).

Atti 2:22-23 Uomini d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, tra di voi, come voi stessi ben sapete, 23 quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste

Pietro, nel suo discorso a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, ricordò che prima che il mondo fosse creato, Dio aveva predeterminato la morte espiatoria di Gesù per la redenzione dell’umanità peccatrice. Tale progetto si attuò per mano degli Israeliti ribelli che volontariamente lo rigettarono e dei pagani invasori che fisicamente lo crocifissero.

Colossesi 1:17 Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.
Atti 17:25 e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.

L’apostolo Paolo, ai Colossesi come agli Ateniesi, ricordò che Gesù non è solo l’eterno creatore dell’universo. Sussistono significa lett. “tenere insieme”, ciò pertanto comporta controllarle. Lui sostiene l’universo, controllando gli equilibri della vita e le leggi della natura, avendo l’autorità di utilizzarle per le proprie finalità. Ogni nostro respiro è un dono, ogni giorno vissuto è un regalo. È Lui a stabilire se lo vivrai in salute o ti ammalerai, perché se una muffa, un batterio oppure un virus sono ai tuoi occhi invisibili a Lui non sfuggono. Se quindi Lui osserva il virus e non gli impedisce di farti ammalare, pur potendolo fare, significa che vuole sovranamente che ti ammali e che, nella sua bontà, ha una finalità che ora ti sfugge. Oppure, fa sì che tu vada proprio nel luogo in cui sa che ti ammalerai, perché così ha liberamente determinato.

Dio, mediante la sua divina provvidenza, controlla sovranamente ogni piccolo dettaglio e governa ogni grande evento dell’universo visibile e invisibile. La sua capacità di far convergere un pensiero malvagio che si tramuta in una azione crudele e farlo confluire in un progetto amorevole e buono dimostrano sia la sua assoluta sovranità che la sua bontà. Ma dato che spesso l’uomo non si fida di Lui e non riesce a comprendere la finalità che si cela dietro un evento negativo, allora non può che dedurre stoltamente che Dio non sta agendo per il nostro bene, oppure è troppo debole per poter impedire il male nel mondo.

Genesi 40:14-15, 23; 41:1, 9, 14/a Ma ricòrdati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego; parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa, 15 perché io fui portato via di nascosto dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla per essere messo in questo sotterraneo. 23 Il gran coppiere però non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.
41:1 Alla fine di due anni interi, il faraone fece un sogno. 9 Allora il capo dei coppieri parlò al faraone, dicendo: Ricordo oggi le mie colpe. 14 Allora il faraone mandò a chiamare Giuseppe.

Giuseppe aveva la certezza che il coppiere sarebbe uscito di prigione. Sapeva inoltre che, essendo sempre a stretto contatto con il faraone, nel momento in cui sarebbe stato ristabilito nel proprio ruolo avrebbe potuto avere un’influenza forte su di lui.
Lo supplicò pertanto di fare di tutto per farlo uscire dal luogo in cui era stato ingiustamente confinato, ma rimase in prigione per altri 2 anni, perché il coppiere si dimenticò immediatamente di lui, fino al tempo fissato dal Signore. Ovviamente anche tale dimenticanza, di cui era responsabile, fu permessa da Dio per i suoi piani: salvare la discendenza di Giacobbe e l’intero Egitto da una terribile carestia.

Posso realmente fidarmi di Dio?

Salmo 50:15 invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai.

Invocare non significa semplicemente rivolgere una preghierina distratta o formale, significa piuttosto supplicare, implorare, riporre in Lui la massima speranza davanti ad una disgrazia.
Per invocarlo pertanto occorre necessariamente fidarsi di Lui. Il problema però è che le disgrazie, solitamente, suscitano irritazione nei confronti di Dio, oppure spingono le persone lontano da Lui, arrivando a dichiarare che se esistesse veramente certe cose non potrebbero mai capitare.

Mio nonno materno ha sempre giustificato il proprio ateismo con le esperienze che visse da giovane. Avendo fatto la 2^ guerra mondiale, il giorno dopo il proclama dell’armistizio di Badoglio (8 settembre 1943) fu imprigionato dai soldati tedeschi con cui aveva combattuto fino al giorno precedente. Con i suoi commilitoni fu spedito in Austria nel campo di concentramento di Mauthausen come prigioniero di guerra. Anche se non fu trattato come gli ebrei, visse ed assistette in prima persona a cose terribili. La sua deduzione logica lo portò quindi a rigettare l’idea che vi fosse un Dio sovrano e buono in cielo. Ma tale reazione, seppur comprensibile, getta le persone “dalla padella alla brace”. In altre parole, eliminando l’esistenza di un Dio sovrano si rimane in balia della casualità più cieca ed irrazionale.

A differenza di mio nonno io sono un cristiano, questo fatto tuttavia non rende me o gli altri credenti immuni alle problematiche della vita, al dolore, alla frustrazione, all’ansia ed alla paura del domani. Come occorre reagire quindi quando si perde il lavoro a quasi 50 anni? Oppure quando si scopre di avere un tumore ormai diffuso a meno di 30? Come si potrà gestire la consapevolezza che il proprio figlio dovrà convivere per tutta la sua vita con una grave disabilità, anche quando un giorno non potrai più aiutarlo? La risposta teologicamente corretta è sempre la stessa: con fede. La fede non è altro che una fiducia sinceramente riposta in Dio, nei suoi propositi e nel suo modo di agire. Fidarsi significa pertanto continuare ad obbedire ai suoi comandamenti, continuare ad adorarlo e continuare a sperare in Lui senza scendere a compromessi e senza cercare vie alternative alla sua volontà per cercare di mitigare o sfuggire dalla sofferenza. Infatti, se non ti fidi di Lui finirai per ribellarti alla sua volontà nelle circostanze della vita, soprattutto quelle dolorose.

Molto spesso sottovalutiamo l’importanza della fiducia in relazione all’obbedienza. Siamo inclini a ritenere che il ribelle sia una persona che semplicemente sia indisciplinata o maliziosa. In realtà, ha semplicemente riposto maggior fiducia in ciò che sente e crede rispetto a quanto gli viene detto di fare da chi detiene l’autorità in tale ambito. Adamo disobbedì per incredulità, lo stesso si può dire di Israele nel deserto.

Salmo 78:19-22 Parlarono contro Dio, dicendo: «Potrebbe Dio imbandirci una mensa nel deserto? 20 Ecco, egli percosse la roccia e ne sgorgarono acque, ne strariparono torrenti;
potrebbe darci anche del pane e provveder di carne il suo popolo?» 21 Perciò il SIGNORE, quando l'udì, s'adirò aspramente e un fuoco s'accese contro Giacobbe; l'ira sua si infuriò contro Israele, 22 perché non avevano creduto in Dio, né avevano avuto fiducia nella sua salvezza

Il Salmo 78 fu scritto da Asaf con lo scopo di esaltare la fedeltà divina nei confronti di un popolo costantemente infedele. Nei versetti indicati si può evincere come nonostante Dio abbia più volte in passato mostrato sia la capacità di prendersi cura di loro (sovranità) che la volontà di farlo (bontà amorevole), essi continuarono ad essere ribelli. Tale comportamento era direttamente associabile all’incredulità. A loro non fu chiesto di capire come Dio li avrebbe soccorsi, ma di credere che lo avrebbe fatto e si sarebbe preso ancora cura di loro.

La mancanza di fiducia porta alla disobbedienza e sfocia nella ribellione del cuore. L’incredulità pertanto ci renderà del tutto incapaci di realizzare od anche soltanto accettare, in un momento di sofferenza, che Dio sia sovrano e buono. La fede al contrario permetterà, a chi la esercita, di osservare le medesime circostanze dell’incredulo da una prospettiva differente. Se credo che Dio sia amorevole, saggio e sovrano, davanti al dolore riterrò che stia permettendo ciò che è meglio per me, conoscendone perfettamente la finalità ed avendo la capacità di farmela raggiungere.

Matteo 26:39 E, andato un po' più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».

Fu tale convinzione che permise a Gesù di accettare, in quanto uomo, la sofferenza più profonda, non legata unicamente al dolore fisico della croce od emotivo dei tradimenti, degli scherni e degli abbandoni dei discepoli. Il calice infatti è spesso il simbolo del dolore causato dall’ira divina. Gesù era quindi perfettamente consapevole che, di lì a poco, la piena misura dell’ira divina nei nostri confronti, a causa dei nostri peccati, si sarebbe riversata su di lui per la nostra salvezza. Avrebbe potuto evitarlo? C’era una strada alternativa per raggiungere la stessa finalità, escludendo tutta quella atroce sofferenza? Quando ebbe la risposta negativa alla sua supplica, nonostante il dolore atroce che stava per sperimentare, Gesù arrese pienamente la propria volontà a quella del Padre perché si fidava completamente di Lui, sia della sua sovranità che della sua amorevole bontà.

Giovanni 19:10-11/a Allora Pilato gli disse: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?» 11 Gesù gli rispose: Tu non avresti alcun'autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto

Alla luce del progetto divino, Gesù era perfettamente consapevole che la sua morte non sarebbe avvenuta unicamente a causa della crudeltà umana. Il governatore Pilato, pur rimanendo responsabile delle proprie azioni, non aveva affatto il controllo finale degli eventi. Tale controllo era in mano al Padre e solo per Sua volontà Gesù fu crocifisso.

Siamo “Uomini che soffrono nelle mani di un Dio sovrano” e ci siamo posti 2 domande davanti al dolore:
La sovranità di Dio è veramente assoluta? Si. Ha il controllo illimitato su ogni minimo dettaglio delle nostre esistenze.
Posso realmente fidarmi di Lui? Si. Anche se non capisco e spesso non condivido ciò che sta permettendo nella mia vita, Lui sa cosa sta facendo. Dio capisce il mio dolore, mi ama veramente e posso essere certo che utilizzerà la sua sovranità con bontà nei miei confronti. Tuttavia, per arrivare a fidarsi del Padre in modo simile a quello assoluto di Gesù, occorre conoscerlo. Conoscere il Suo nome significa avere una relazione intima di Dio, resa possibile proprio grazie al sacrificio sostitutivo di Gesù a favore di tutti coloro che si sono pentiti dei propri peccati.

Salmo 9:10 quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché, o SIGNORE, tu non abbandoni quelli che ti cercano.

Patrick Galasso