L’obiettivo principale di qualsiasi contadino od agricoltore è poter raccogliere il frutto del proprio lavoro. Sarebbe assurdo per chiunque investire tempo, soldi ed energie per curare un giardino od un appezzamento di terreno che non produca nulla di buono o di utile. Tale principio vale anche in campo spirituale.
Matteo 13:1-8: “In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:«Il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono. Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. Un'altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno».”
Le parabole erano una forma consueta di insegnamento giudaico. Erano una similitudine, presentata in forma di storia più o meno breve. Un’immagine utilizzata al fine di semplificare un concetto spirituale molto più profondo e complesso. Esse si rifacevano ad aspetti familiari o legati alla quotidianità degli uditori. I contemporanei di Gesù erano consapevoli che un campo arato possedesse una o più strade, poiché tutti i campi erano delimitati da sentieri non arati, utilizzati da i seminatori per camminarvi. Essendo caratterizzati da terra battuta, la stessa non permetteva al seme di penetrare e di crescere. Vi erano poi luoghi rocciosi, ossia zone del terreno non arate, in cui la terra era posta sopra uno strato roccioso. Apparentemente poteva sembrare fertile, ma il sottile strato di terriccio non era sufficiente per l’espansione delle radici e per permettere all’acqua di inumidire a sufficienza il terreno. Vi erano inoltre spine, ossia erbacce presenti nel terreno dopo l’aratura; non era infatti possibile eliminarle completamente. L’ immagine del campo, nonostante fosse familiare agli uditori, necessitava comunque di alcuni elementi che permettessero loro di decodificarla. A tal fine Gesù fornì, ai propri discepoli, la spiegazione della stessa.
Matteo 13:18-23: “«Voi dunque ascoltate che cosa significhi la parabola del seminatore! Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato. Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa. Ma quello che ha ricevuto il seme in terra buona è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l'uno rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta».”
La parabola, paragonando il cuore dell’uomo a diversi tipi di terreno, si riferiva all’annuncio della parola del regno, ossia alle istruzioni per entrarvi e fare pace con Dio; si riferiva al vangelo, la parola della riconciliazione. Tale parola non potrà penetrare in un cuore decisamente disinteressato alle cose di Dio. Verso tali persone il Maligno, Satana, si impegnerà a rimuovere dalla mente il messaggio divino mediante la distrazione od alimentando pensieri legati all’ateismo, alla propria bontà innata od alla possibilità di raggiungere Dio mediante gli sforzi umani incanalati nelle molteplici religioni. Non penetrerà profondamente neppure in quelle persone che aderiranno superficialmente al vangelo, alimentate unicamente dalla propria emotività. Tale decisione, non essendo reale e profonda, è destinata a svanire non appena si presenti un costo da pagare per la propria fede. Anche il cuore rappresentato dalle spine manifesta un’adesione superficiale, priva di ravvedimento verso idoli che ben presto riprenderanno il primo posto nel cuore umano. Solo l’ultimo terreno è in grado di raffigurare una reale manifestazione di fede salvifica. Esso rappresenta un cuore che, essendo stato convinto del proprio peccato, mediante un sincero ravvedimento ed una reale conversione ha conosciuto il perdono di Dio. Così come i primi 3 terreni risultarono completamente infruttuosi, allo stesso modo vengono raffigurati 3 tipi di buon terreno che portano frutto in quantità differenti. Questo perché, nella parabola, la qualità della risposta non dipende mai dal seme ma sempre dal terreno, ossia dal cuore.
Gesù ci spinge a riflettere sulla possibilità che il seme in noi non porti frutto. A quale di questi terreni puoi paragonarti? Ad uno di quelli aridi ed infruttuosi? Se così non fosse, a quale dei 3 terreni fruttuosi puoi paragonarti? Desideri veramente rendere il 100 o ti accontenti del 30?
Patrick Galasso