Gli Xhosa sono un gruppo etnico di origine bantu, provenienti dall'Africa centrale. Si racconta che un giorno un antropologo, per poter fare un esperimento sociale tra i bambini di una di quelle tribù africane, mise un cesto pieno di frutti vicino a un albero proponendo loro una sfida: "chi arriva per primo potrà averli tutti". I ragazzini corsero con vivacità; tuttavia, una volta che tutti raggiunsero l'albero, si sedettero ed iniziarono a mangiarli insieme. Lo studioso chiese il motivo di tale comportamento e la loro risposta fu: "UBUNTU, come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi?'' Ubuntu è un'espressione che significa "Io sono perché noi siamo"; secondo tale filosofia è la regola di vita principe, basata sulla condivisione ed il rispetto dell'altro. Lo Xhosa più celebre fu Nelson Mandela.
Anche l’apostolo Paolo affermò qualcosa di simile: 1 Corinzi 12:14, 20-22/a, 25-27 Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. 20Ci sono dunque molte membra, ma c'è un unico corpo; 21l'occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi». 22/aAl contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; 25perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. 26Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. 27Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua.
Paolo, per parlare della Chiesa di Cristo, prese a modello il corpo umano, in cui ogni sua parte è fondamentale per il perfetto funzionamento dell'organismo; mediante tale paragone voleva affermare che anche se alcuni hanno ricevuto da Dio dei doni pubblici e di maggior rilievo come la predicazione o l'insegnamento, ha altresì donato ad altri caratteristiche ugualmente importanti, anche se meno evidenti, come la cura od il servizio pratico. Nessuno nella Chiesa può ritenersi inutile così come nessuno può ritenersi indispensabile; l'orgoglio che può riempire il cuore di quelli che possiedono i doni più in vista, che sembrano arrivare “primi nella corsa” cristiana deve essere completamente rigettato, in vista del fatto che la “gara” non è individuale ma di squadra. Per di più, nessuno di noi può dire di star bene se una parte del proprio corpo gli duole; per questo motivo, nessuno può dire di essere felice se, intorno a sé, coloro che ama e che considera fratelli stanno soffrendo.
Divenendo cristiani dobbiamo imparare a ragionare come Corpo e non più come individui; pertanto, senza perdere la propria identità personale, ogni singolo membro deve essere concentrato sul benessere della Chiesa, alla gloria di Cristo. Che ciascuno di noi, in un'epoca sempre più caratterizzata dall'individualismo, possa d’ora in poi affermare: “sono un cristiano, come posso essere felice se i miei fratelli sono tristi?”
Patrick Galasso